E’ qui che si trova la terrazza di Romagna: un tour per gli itinerari enogastronomici, ricchissimi tra l’altro, del territorio di Forlì Cesena che si rispetti non può non fare tappa a Bertinoro, un luogo che ha fatto dell’ospitalità un segno distintivo che si è consolidato nei secoli. Già la leggenda che racconta l’origine del suo nome è tutto un programma. Si narra infatti che Galla Placidia dopo aver assaggiato un calice di Albana prodotta proprio in questo luogo avrebbe dichiarato: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro”.
Dalla leggenda alla storia il passo è breve e spulciando tra le ricostruzioni storiche, giusto per avere un quadro più completo si deve ricordare anche la creazione del monastero che svetta proprio sopra la via Emilia: il “Castrum Brittinorum”, una fortificazione fondata dai pellegrini cristiani che diretti in terra di Bretagna dopo la visita a Roma sostarono in questi luoghi insediandovisi.
Bertinoro non sarà l’ombelico del mondo, ma di cose in questa piccola porzione di Romagna ne sono successe parecchie, tanto da essere annoverata anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia quando il sommo poeta nel XIV Canto del Purtagorio racconta delle famiglie che vissero in questi territori intorno al 1200 ed accennando anche alla colonna dell’anella, simbolo dell’ospitalità e delle casate del territorio. La colonna fu fatta erigere per celebrare la pacificazione delle nobili famiglie bertinoresi in lotta tra loro fino a quel momento e per offrire albergo ai viandanti che sostavano in paese. I viaggiatori legavano cavalli e muli proprio alle anelle fissate alla colonna prendendosi un momento di pausa ristoratrice durante i lunghi viaggi. La tradizione viene ancora oggi rispettata e una volta l’anno in città si celebra la festa dell’ospitalità.
Bertinoro nella sua storia è stata sempre centro attrattivo e fonte di interesse a livello internazionale e nel quattrocento nasce proprio in questo borgo Ovadyah Yare considerato all’unanimità la massima espressione della letteratura ebraica in Italia dopo il suo commento al codice di leggi civile e religiose della tradizione giudaica (il Misnah).
Dopo un tuffo nel passato e nella storia è bene immergersi nelle tradizioni e scoprire di prima persona i piccoli grandi gioielli di questa cittadina romagnola appollaiata su un cucuzzolo inconfondibile. Di certo Bertinoro è più che apprezzata per la sua produzione vitivinicola e per la presenza di prestigiose cantine che esportano in tutto il mondo. È proprio questa sua vocazione alla vite che ha ispirato la realizzazione della Strada della Vendemmia, un sentiero che racconta attraverso una serie di opere, create da artisti del territorio, il ciclo dell’uva.
Da non perdere una visita alla Rocca vescovile, oggi sede del Ceub, il centro residenziale universitario di Bertinoro, sede distaccata di Bologna. Qui trova spazio anche il museo interreligioso, un luogo di spiritualità e civiltà eccezionale. Al suo interno si articola un percorso espositivo che racconta come Ebraismo, Cristianesimo ed Islam abbiano profondamente segnato nel corso dei secoli la storia e l’identità dei popoli che fin dall’antichità si affacciano sul Mediterraneo.
Tornando sulla terrazza di Romagna una visita d’obbligo, invece è alla Cattedrale di Santa Caterina nella quale è conservato un crocifisso ligneo le cui origini sono avvolte nel mistero. La leggenda vuole, infatti, che sia stato scolpito da un pellegrino rifugiatosi nella zona e che sia stato interamente ricavato da un monumentale albero di fico.
Nei pressi di Bertinoro si cela un luogo magico, sicuramente da scoprire: è la Pieve di San Donato in Polenta, la cui fama si deve in particolare alla poesia di Giosuè Carducci (“La chiesa di Polenta”, appunto) composta nel 1897 nella quale il poeta ricorda l’ospitalità ricevuta da Dante Alighieri in questi luoghi. La leggenda racconta che il sommo poeta fiorentino si fosse fermato in questo luogo per pregare durante la sua permanenza presso la casata dei Da Polenta di Ravenna. Leggenda e reperti presenti nella pieve stessa attestano anche un altro pezzo importante di storia quello di Francesca Malatesta, figura emblematica di cui lo stesso Alighieri ricorda le sorti nel Canto V dell’Inferno. Anche Francesca, nata a poca distanza dalla pieve, si recava proprio in questo luogo di culto per pregare.
Questa pieve millenaria è teatro a maggio e settembre di una rassegna di letture e commenti della Divina Commedia.