E’ questo il titolo che è stato assegnato all’Abruzzo in quanto ospita ben tre Parchi nazionali oltre ad uno regionale e a ben trentotto aree protette che coprono oltre il 36% della sua superficie. Aree che sono sparse non solo sulla dorsale appenninica ma anche su colline e lungo la costa. All’interno del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; in quello del Gran Sasso e dei Monti della Laga; nel Parco nazionale della Majella e nel Parco regionale Sirente Velino il territorio assicura la sopravvivenza del 75% di tutte le specie animali europee ed ospita rarità come l’aquila reale, il lupo abruzzese, il camoscio d’Abruzzo e l’orso marsicano in un vero e proprio eden per la fauna selvatica che in questi luoghi viene protetta. Il turista può effettuare escursioni di trekking, fare del birdwatching, andare in MTB o semplicemente trascorrere una giornata all’aria aperta ammirando la natura circostante.
Si può affermare che la terra d’Abruzzo sia come un laboratorio permanente di ricerca scientifica grazie all’impegno di organizzazioni ed Enti che tutelano i parchi, le riserve statali e regionali per assicurare la loro protezione ed il loro sviluppo, permettendo a questo polmone verde di continuare ad esistere al di fuori di speculazioni di ogni tipo.
Per capire l’Abruzzo bisogna necessariamente entrare in contatto con la sua parte più spirituale che, in questo territorio così pieno di natura e storia, è rappresentata dalle testimonianze di una religiosità che trova la sua evidenza nei tanti eremi che lo costellano. In modo viscerale un visitatore, può istintivamente comprendere quanto la natura abbia contribuito in quel percorso di spiritualità dove l’eremo è solo la punta evidente di una miscela composta da una sorta di sincretismo dove la fede di Dio si mischia con la bellezza della natura circostante. Infatti, molti eremi d’Abruzzo sono luoghi sacri millenari dove gli archeologi hanno avuto conferma che culti di religioni differenti sono stati praticati nello stesso sito e che solo si sono semplicemente andati a sostituire tra loro da decina di migliaia di anni.
Gli eremi abruzzesi sono concentrati essenzialmente sulla Majella dove si trovano anche antiche chiese rupestri che si aprono all’improvviso alla vista del turista che non può che non apprezzare una ascetica serenità assicurata dalla natura circostante.
Non esistono eremi più importanti o più belli in quanto ognuno, presenta quel misticismo che lo rende particolare. Possiamo tuttavia suggerirvi una breve lista degli eremi che, a nostro avviso, sono meritevoli di essere conosciuti: Eremo di Sant’Onofrio al Morrone a Sulmona; Eremo di Madonna dell’altare a Palena; Eremo di S.Bartolomeo in Legio a Roccamorice; Eremo di S.Giovanni all’Orfento a Caramanico Terme; Eremo di Santo Spirito a Majella a Roccamorice; Eremo di S.Venanzio a Raiano; la Grotta e l’Eremo di San Michele a Pescocostanzo.
E’ un melange di sapori quello che si riscontra nella gastronomia abruzzese perché composto da prodotti della terra che ricordano un passato povero dedicato alla pastorizia che vedeva ogni anno consumarsi il rito della transumanza, con quello anch’esso umile fatto di fatica di pescatori che si affidavano alla notte adriatica il modo per guadagnarsi da vivere. E’ tuttava mediterranea sia nei profumi che negli ingredienti la cucina abruzzese che evidenzia in particolar modo le tradizioni pastorali e contadine che, orfane di una pomposa sontuosità, hanno saputo creare da un preciso connubio di sapori, un preciso percorso gastronomico originale e vario.
Tutto questo non solo grazie all’inventiva delle genti abruzzesi ma anche attraverso prodotti locali raffinati ed inconsueti che hanno saputo dare un tocco in più. Dall’aglio rosso di Sulmona allo zafferano, dalle lenticchie di Santo Stefano di Sessanio alla famosa patata dell’Aquila, ogni elemento ha contribuito –insieme agli apprezzati vini e all’olio- a comporre piatti regionali gustosi che sono apprezzati da intenditori in tutto il mondo.
Come non pensare ai confetti di Sulmona, alle ferratelle abruzzesi, al pecorino canestrato di Castel del Monte, al famoso liquore Centerbe, alla mortadella di Campotosto, agli arrosticini di pecora agli spaghetti alla chitarra e via dicendo? Non per niente un’indagine della Confesercenti che ha interessato solo turisti stranieri che vengono in Italia, la gastronomia abruzzese è risultata la migliore tra le cucine regionali italiane.
Quando il sole raggiunge il massimo della sua inclinazione rispetto all’equatore celeste avviene il solstizio d’estate e si festeggia la festa di San Giovanni che coincide con quella celtica di arcaiche tradizioni.
Si festeggia e si auspica in questa notte, la fertilità della terra, il propiziare della fortuna e si raccoglie verbena, il sambuco, la melissa e l’iperico meglio noto come fiore di San Giovanni conosciuto sin dai tempi dei romani per le sue proprietà scaccia diavoli soprattutto se colto alla mezzanotte del 24 giugno e bagnato con la rugiada del mattino. Miti passati? Non proprio.
A Collepardo questa tradizione è ancora viva. In questo borgo medioevale è ancor oggi possibile assistere a questi riti propiziatori e trascorrere la notte di fronte ad un fuoco dopo aver raccolto le preziose erbe, stando in allegria tra canti e balli con tutte le altre persone che partecipano alla celebrazione di questa notte.