L’antropologo del Sud Ernesto De Martino, uno dei più importanti ricercatori italiani del folklore studiò il fenomeno del tarantismo spiegando che si trattava di un fenomeno isterico che colpisce una persona come se questa fosse stata pizzicata da una taranta, un animale specificato solo nella tradizione contadina che lo paragona ad un ragno. Ed è proprio nel Salento che lo studio di questo fenomeno fu analizzato e studiato anche da etnomusicologi ed antropologi che percorsero il territorio tra Copertino, Galatina e Nardò. La taranta è al giorno d’oggi un genere musicale rivalutato come genere popolare che, coinvolgendo gente di ogni età, si rifà alle antiche tradizioni contadine pugliesi di un tempo anche se rivisitate in chiave moderna.
Ma il folklore in Puglia si evidenzia in una miriade di sagre, feste, processioni ed eventi che caratterizzano ognuno a proprio modo, antichi riti ed arcaiche feste. La Fòcara a Novoli, la Settimana Santa a Taranto, la processione delle Fracchie a San Marco in Lamis e quella della Desolata a Canosa di Puglia, la processione del cavallo parato a Brindisi, la Festa del Soccorso a San Severo, il Carro Trionfale di Sant’Oronzo a Turi, la Scamiciata di Fasano, la Passione di Cristo a Lizzano e Ginosa sono alcune delle più famose che si aggiungono al celebre Carnevale di Putignano, uno dei più antichi d’Italia.
Nello sconfinato tavoliere delle Puglie, l’agricoltura viene valorizzata attraverso una produzione significativa di olio, verdure e cereali e questi sono ingredienti perfetti per la preparazione di piatti che si rifanno integralmente a questo territorio che gode anche del mare che lo delimita sia dalla parte Adriatica che da quella Jonica.
Il famoso pane di Altamura preparato secondo tradizione con farina di semola dura e cotto nel forno a legna è uno dei tanti prodotti DOP che vedono luce in questa regione. La pasta fatta in casa come le orecchiette, gli strascenate, i troccoli, le pociacche, le chiancarelle sono tutti tipi di maccheroni che verranno poi conditi con ragù di carne o di pesce.
Deliziose le pucce e la celebre frisedda, una ciambella di farina integrale o bianca, caratterizzata dall’avere un buco molto stretto e che viene cotta al forno e poi tagliata in due per essere cotta di nuova e poi inzuppata nell’acqua fredda e condita con sale pepe olio pomodoro e cipolla.
Nota anche la casseruola di polipetti che si prepara sulla costa soprattutto a Taranto ma in tutti i paesi che si affacciano sul litorale ci si può saziare con ricci, cozze, datteri di mare, molluschi e freschissimo pesce che viene utilizzato da solo oppure per i condimenti per le paste asciutte.
Testimoni inequivocabili di un tempo passato, sono le masserie, antichi casali di campagna che erano case di proprietari terrieri. Solitamente all’interno di uno spazio cinto da alte mura di calcina, oltre alla casa padronale erano edificati altri ambienti che venivano utilizzati come magazzini e dimore per i contadini che lavoravano la terra alle dipendenze del padrone.
Rappresentavano oasi di vita in mezzo ad una campagna tanto dura quanto prosperosa, dove il lavoro quotidiano era l’unica ragione di vita. Con l’abbandono progressivo dell’agricoltura a favore di una emigrazione verso la città, il senso della masseria è venuto meno con il tempo fino a recuperare recentemente, con una filosofia tendente alla valorizzazione del territorio, sia il concetto di agricoltura che delle vecchie tradizioni.
Oggi nel territorio della Puglia moltissime masserie si sono tramutate in resort di lusso e bed&breakfast di ultima generazione dove, all’originale impianto architettonico sono stati fatti lavori di interior design che hanno saputo rendere confortevole (e spesso molto sofisticato) lo spazio interno senza provocare alcuna modifica esteriore. Ciò non esclude il fatto che l’atmosfera che si respira vivendo un soggiorno in una masseria non faccia galoppare la nostra fantasia facendogli percorrere immagini di contadine sedute a mondare le olive appena raccolte mentre schiere di ragazzini scalzi giocano strillando tutto intorno mentre aspettano l’arrivo del padre dopo un giorno di crudo lavoro nei campi.
Luigi XII di Francia e Ferdinando II di Aragona con il Trattato di Granada si divisero il Regno di Napoli nel 1500 ma subito nacquero i primi disaccordi tra le forze occupanti su come interpretare il trattato a proposito della terra di mezza. Fu così che due anni dopo si aprirono le ostilità tra i due eserciti e quello spagnolo, in inferiorità numerica, chiese l’aiuto degli italiani che si distinsero in alcune battaglie.
Durante la prima fase del conflitto i francesi occuparono molta parte del territorio spagnolo che si ridusse a poche roccaforti in Calabria e in Puglia dove, a Barletta, stabilirono il loro quartier generale. Durante una scaramuccia avvenuta a Canosa di Puglia, le truppe spagnole fecero prigionieri molti francesi. Il 15 gennaio del 1503 i prigionieri furono invitati ad un banchetto come ospiti del governatore spagnolo in una cantina locale dove, un nobile francese tacciò il valore degli italiani accusandoli di vigliaccheria. Un comandante spagnolo difese gli italiani dicendo che potevano competere per valore ai francesi e per redimere la disputa fu organizzato un duello che avrebbe avuto 13 cavalieri per parte che si sarebbero scontrati nella piana tra Andria e Corato, nel territorio di Trani. Il duello fu organizzato fin nei minimi dettagli in modo da fugare qualsiasi dubbio circa il valore dei cavalieri. Ettore Fieramosca, che si era già distinto in diverse battaglie, fu scelto come capitano degli italiani mentre Guy La Motte lo fu per i francesi. Dopo aver giurato di vincere o morire, avvenne la disfida di Barletta che vide la vittoria degli italiani che salvò l’onore dei cavalieri e rese celebre la piana dove oggi è ancora visibile un epitaffio che celebra lo scontro d’armi.