Siamo in provincia di Matera, e quella che raccontiamo è una storia vera che nulla ha a che vedere con leggende più o meno romanzate, spesso inventate dalla fantasia popolare per divertire i bambini. Siamo in quella Basilicata che, verso la metà del Cinquecento, fu teatro della guerra franco spagnola. In quel contesto i Valsinni erano dei nobili proprietari dell’omonimo castello, che parteggiavano per i francesi in una delle inutili guerre di predominio territoriale. Qui viveva la baronessa Isabella Morra, che come nelle migliori tradizioni, si era perdutamente innamorata di un nobile spagnolo, tale Diego Sandovàl de Castro.
I fratelli di Isabella, intolleranti verso una situazione che per loro era disdicevole dato l’inamicizia derivata dal conflitto, decisero di uccidere la sorella per eliminare la scandalosa storia. Non solo si macchiarono di quel delitto ma ammazzarono anche il maestro di letteratura di Isabella che si era macchiato del delitto di complicità dal momento che era lui che portava il carteggio amoroso tra il nobile spagnolo e la baronessa di Valsinni. Non contenti di aver eliminato la pietra dello scandalo ed il suo aiutante, i fratelli della baronessa tesero un agguato al nobile Diego Sandovàl in un bosco e lo uccisero, mettendo definitivamente la parola fine all’intera vicenda.
La triste storia era composta da un amore che veleggiava sulle onde della poesia imitando le rime tanto in voga allora e che erano il mezzo con il quale sia Isabella, che pare sia stata una ottima poetessa, sia il suo amato Diego si dilettavano a comunicare il loro sentimento. E’ evidente che Isabella soffrisse di solitudine e che fosse una donna particolarmente sensibile che patì di vivere in un luogo crudo come quello in cui abitava e fuori mano da corti dove cantori e cortigiani solitamente esibivano la loro arte.
Addirittura si scomodò Benedetto Croce a proposito degli scritti di Isabella Morra, commentando con stupore il fatto che era strano che la baronessa, così dotata di vena poetica, non fosse allora in contatto con i salotti letterari di quel tempo. Le rime di molti poemi di Isabella sono tristi ed evocano lo spettro della morte che la giovane vedeva prossima ed in una celebre cantata, la baronessa implora il fiume Sinni di ripetere il suo lamento anche quando lei non ci sarà più. Nelle notti di febbraio, se ci sia avvicina ai piedi del Castello dei Morra, qualcuno afferma di aver visto una evanescente sagoma della baronessa camminare sopra ai bastioni alla ricerca del lamento del fiume.